1-4. Fotografie relative al recupero dei materiali scattate da Diego de Henriquez a Modena l’11 maggio 1946.
La guerra è ormai finita da poco più di un anno, ma un giorno di maggio del 1946, e precisamente il 16, Trieste viene scossa dall’arrivo improvviso di una colonna di mezzi militari tedeschi scortata da diversi soldati in divisa: la voce corre e in città si diffonde la motivata paura della ripresa delle ostilità. Niente di tutto ciò, è solo l’epilogo di una delle stupefacenti iniziative di Diego de Henriquez, alle quali la cittadinanza ormai dovrebbe essere abituata.
Con l’autorizzazione del Governo Militare Alleato, che gli ha messo a disposizione anche un ufficiale britannico, e l’ausilio di diversi prigionieri germanici in semilibertà, Henriquez è andato a Modena a recuperare mezzi militari tedeschi, ma non solo. Si è recato in uno dei campi A.R.A.R. (Azienda Rilievo Alienazione Residuati) o C.E.M. (Captured Enemy Material) dove, alla fine del Secondo conflitto, si potevano acquistare a basso costo beni e materiali bellici – diversi dei quali ancora funzionanti – confiscati al nemico o abbandonati dagli alleati: in questo caso ci sono buoni motivi per credere si trattasse del “2 C.E.M. Group Depot. MODENA”
Alla testa di un trattore pesante semicingolato tedesco per artiglierie Daimler Benz (Sd. Kfz. 8 schweres Zugkraftwagen DB) al cui traino è fissato il cosiddetto cannone “atomico” da 172 mm uscito dalle fucine della storica azienda siderurgica Krupp e di alcuni camion che trasportano altri rari elementi, compresi due Jagdpanzer (cacciacarri) Marder III Ausf. H ed M costruiti dalla Skoda, in quattro giorni di viaggio percorso a rilento a causa delle condizioni critiche di alcune strade e di ponti ancora dissestati non conformi a sostenere pesi eccessivi, il 16 maggio 1946 de Henriquez entra a Trieste e trasporta il suo “bottino” nel deposito che provvisoriamente ha in via Besenghi 2 presso la Villa Basevi, antica sede del Museo di Storia Patria e dopo la Grande Guerra anche del Risorgimento, irrimediabilmente danneggiata dai bombardamenti del 1944.
Via Besenghi fu solo la prima delle numerose sedi in cui cannone, trattore e cacciacarri trovarono collocazione a Trieste: quello che si spera sia stato il loro ultimo viaggio li ha portati nel comprensorio di via Cumano 22-24 dove ha sede il Museo intitolato al collezionista triestino. Se il primo, dal 2014, fa bella mostra di sé nel piazzale presso l’entrata della struttura anticipando ai visitatori l’enormità – in tutte le accezioni – della guerra, gli altri tre, posizionati nell’hangar 8, stanno attendendo il prosieguo dell’allestimento. Si spera un’ambientazione sufficientemente degna per il Daimler Benz e uno dei cacciacarri dopo esser stati, a metà degli anni ’90, tra i protagonisti del film The English Patient (Il paziente inglese).