Ieri, 10 giugno, ricorrevano i settantasei anni dal bombardamento alleato più devastante che colpì il cuore di Trieste durante la Seconda guerra mondiale. Fu il primo dopo quattro anni di conflitto in cui la città era rimasta pressoché indenne dalle incursioni aeree: ne seguirono diversi altri, oltre dieci nel 1944 e tre l’anno seguente.
In quel giorno di primavera inoltrata cento fortezze volanti di fabbricazione statunitense, scortate da una squadriglia di caccia, arrivarono dal mare e scaricarono i loro ordigni da 4.000 metri di altezza distruggendo oltre cento edifici e danneggiandone altri trecento. Circa quattromila furono i sinistrati, più di quattrocentocinquanta le vittime contestuali e oltre mille i feriti.
Molti di più, però, avrebbero potuto essere i decessi se non fossero stati predisposti in tempo e in maniera adeguata rifugi e gallerie per proteggere la popolazione come anche strutture e impianti di allarme all’avanguardia.
Verso le 9.00 del mattino Trieste entrò in stato di allerta e circa dalle 9.15 in poi si susseguirono quattro ondate di bombardamenti durante le quali furono sganciate sulla città trecento bombe – anche del tipo incendiario – e forse più: l’attacco durò un’ora e poco dopo le 11.30 fu posta fine all’emergenza.
A quanto pare la contraerea tedesca si oppose debolmente e senza convinzione.
Furono colpiti punti nevralgici – snodi ferroviari, impianti del porto e industriali – la testata del molo Audace, la Fabbrica Macchine di Sant’Andrea, il Cantiere San Marco, l’Ilva, la Raffineria Aquila e i serbatoi della Esso-Standard, il Pastificio Triestino, l’Oleificio Gaslini, la fabbrica di cordami Bignami e altre piccole industrie, lo Scalo Legnami e non vennero risparmiate abitazioni di civili nei rioni di San Giacomo e di Montebello, in via Timeus, via San Francesco, via Rossetti, nella zona tra piazza Foraggi e largo Mioni, a Chiarbola e a Campi Elisi. Venne pure affondata la nave della Croce Rossa “Innsbruck” attraccata alla Stazione Marittima.
Probabilmente calcoli approssimativi ed errori dei piloti determinarono lo sganciamento di diverse bombe anche su bersagli estranei a quelli che avrebbero dovuto essere i veri obiettivi dell’incursione aerea: ciò spiegherebbe la distruzione della chiesa di Santa Maria delle Grazie in via Rossetti sita proprio nelle vicinanze della Villa Modiano dimora del Supremo Commissario del Litorale Adriatico, Friedrich Rainer. Come pure le bombe cadute in via San Francesco avrebbero forse dovuto colpire fabbricati occupati dai Tedeschi, quali il Palazzo di Giustizia o l’edificio di piazza Oberdan sede del Comando delle SS.
Certamente Diego de Henriquez avrebbe approvato la decisione di ricordare quella tragica “pioggia di bombe”, che tanta sofferenza inflisse alla cittadinanza, con una serie di immagini dell’archivio scattate dall’attento obiettivo di diversi osservatori locali nell’indimenticabile data del 10 giugno 1944, ma anche in occasione di successive incursioni.